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venerdì 14 ottobre 2022

Babel, or The Necessity of Violence: an Arcane History of The Oxford Translators' Revolution - R. F. Kuang


Che delusione. Non so se sia dovuto alle mie aspettative troppo alte considerando che La Guerra dei Papaveri è una delle mie serie preferite, oppure se sono io che non riesco ad essere colpita da questo libro come è successo a tanti altri. Perché parliamo di un libro che su Goodreads ha 4,46 stelline di media, non una ciofeca insomma.

Ma a me non ha detto nulla di nuovo. Niente. Anzi, a momenti sembra una qualsiasi discussione sociopolitica tirata fuori da un post di Twitter. Si parla di temi caldi come il razzismo, l’effetto postumo del colonialismo che stiamo osservando oggigiorno, e tutte quelle differenze in termini di esperienze che ci rendono necessariamente diversi (secondo la Kuang), partendo proprio dalla lingua. Non voglio entrare nel merito delle mie considerazioni sulla questione, perché è chiaro che io e la Kuang non la vediamo nello stesso modo, ma posso senza dubbio affermare che in Babel non viene detto nulla di nuovo su questi temi, nulla che un qualsiasi navigante dell’internet che abbia letto due articoli in croce non sappia. Nulla che un qualsiasi studente delle superiori che è stato un minimo attento a lezione di storia non sappia. Tutto ciò che la Kuang ci dice, infatti, è che il colonialismo è male perché sfrutta altre popolazioni per il proprio rendiconto senza dare nulla in cambio… ma va? Onestamente mi aspettavo un discorso un po’ più profondo e articolato, perché nessuno nega tutto ciò, tranne i razzisti bigotti e quelli non li convinci accusando ogni inglese di essere un razzista imperialista.

Altro grosso problema sono stati i personaggi. Ad esclusione di Robin, di cui possiamo seguire la crescita ed un arco narrativo decisamente esaustivo, gli altri personaggi erano tutti delle macchiette che parlavano ed agivano esclusivamente ai fini della trama. Allegorie parlanti di "categorie" che la Kuang vuol rappresentare, ma che non agiscono come agirebbe una persona reale, piuttosto come uno stereotipo. Letty è un personaggio emblematico da questo punto di vista, perché simboleggia esclusivamente il “privilegio” della donna bianca (nota, la storia è ambientata nel 1838, sicuro ha diritti da vendere!). Viene letteralmente presa a male parole da tutti e non le viene mai spiegato cosa sbaglia (perché ovviamente sbaglia non avendo vissuto le stesse esperienze degli altri), ci viene detto che dovrebbe essere la rappresentazione della razzista quando di fatto non ha mai atteggiamenti palesi, semplicemente ci viene detto che in separata sede le è stato spiegato e lei non ha voluto capire (noi tutto ciò non lo vediamo, ovviamente). Non mi dilungo perché rischiamo lo spoiler, ma non mi è per niente piaciuta questa analisi semplicistica dell’autrice per cui bianco = cattivo/oppressore che non capisce altro che il suo punto di vista, perché è una gran ✨ C4G4T4 ✨

Ultima cosa, ma non meno importante, se questo era un fantasy allora qualcuno deve spiegare alla Kuang come creare un worldbuilding. Lo stesso problema c’era nella Guerra dei Papaveri, ma ci potevamo sorvolare perché lo sciamanesimo è qualcosa di non inventato da lei che possiamo andare ad approfondire per i fatti nostri, ma qui, dove lei si inventa questo mondo parallelo uguale al nostro se non per il fatto che si riesce a fare magie scrivendo su lingotti di argento, qua me la devi spiegare. Sì, perché il problema più grosso è che questo mondo è IDENTICO al nostro se non per la magia… quindi che c’è di magico? Semplicemente la rivoluzione industriale non esiste, è un rivoluzione magica, dove non progredisce la tecnologia ma la magia, e la cosa assurda è che il risultato finale è esattamente lo stesso che non avere la magia, quindi esattamente a che serve? Perché non scrivere un romanzo storico? In realtà anche il setting vittoriano viene decisamente a mancare, considerando il fatto che tutti i personaggi parlano come persone del Ventunesimo secolo e hanno una coscienza sociale che esiste solo dagli ultimi 20 anni… il che se ci pensate è piuttosto ironico questo incorretto uso del linguaggio in un romanzo focalizzato sulla linguistica.

Tuttavia, la mia valutazione non è stata completamente disastrosa, perché qualche lancia a favore di Babel la devo spezzare. In primis, la scrittura della Kuang rimane ottima come sempre. Non è da tutti riuscire a far scorrere velocemente un mattone del genere il cui contenuto è per il 30% spiegazioni di termini e derivazioni. Allo stesso modo, l’atmosfera tipica della dark academia è ben delineata e sa catturare il lettore se questo filone vi interessa.

Mi spiace molto di non essere stata in grado di apprezzare questo libro come tanti altri, ma se devo essere onesta penso che molti lettori americani lo hanno valutato bene esclusivamente per i temi trattati che non per qualche reale messaggio innovativo o sviluppo interessante.

Valutazione: ⭐️⭐️ . 5 / 5

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